Soccorrersi vicendevolmente




Amarsi fraternamente, soccorrendosi vicendevolmente.

Sono questi tempi quanto mai attuali per far si, che ciascuno di noi sappia essere di aiuto al prossimo.

Esiste un aiuto materiale, uno spirituale che non è certamente da meno del primo.
E' l'Amore sempre il motore trainante per entrambe le tipologie.
Se non abbiamo amore, il nostro cuore non si muoverà in nessuna di queste.

Portare il carico della sofferenza altrui, non è un modo per appendere alla nostra giacca una medaglia al valore, ma un'occasione unica e forse irripetibile nella nostra vita per dire a noi stessi, che ci stiamo incamminando dietro a Gesù in maniera seria ed efficace.

Il Vangelo finalmente inizia a prendere vita in noi.

Certamente le situazioni potrebbero anche essere difficoltose, ma è il modo più diretto per iniziare ad apprendere il dialogo con Gesù, il modo con cui saper chiedere a Lui, nostro Maestro, tutta l'illuminazione, il coraggio, la forza, per portare a termine la missione.

" La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà " (1Cor 13.8)

" Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità! "   (1Cor 13.13)

Amare pertanto diventa per il Cristiano non un dovere, ma un'esigenza che non può essere rimandata a tempi da destinare.

Avere a cuore la Salvezza delle anime, ma anche la loro cura temporale o spirituale, rientra nei compiti di ciascuno di noi che abbiamo ricevuto il Santo Battesimo e non soltanto per gli " addetti ai lavori", delegando sempre agli altri...i nostri doveri.

Cristo stesso si prende cura di un'umanità di figli e noi non siamo capaci di prenderci cura di un solo fratello, che seppure non ci chiederà mai aiuto, sappiamo essere nel bisogno.

Abbiamo ancora il coraggio di definirci Cristiani, se rinneghiamo questo comandamento?

Se fino ad oggi abbiamo dimenticato questa regola d'oro, se abbiamo fatto finta di non capire, se ci ha fatto comodo voltare lo sguardo altrove, allora è giunto il momento di essere coerenti con noi stessi.

Non lo vogliamo fare?
Non sentiamo questa esigenza?
Non proviamo ancora vergogna in noi stessi?

Ci sentiamo appagati da una fede " meno impegnata" e non vogliamo esporci in questa maniera, ma restare nella nostra "nicchia di comodo" o nel nostro anonimato, fingendo anche a noi stessi?

Allora credo che il Cristianesimo non fa per noi, forse è meglio rifletterci bene sopra, prima di dichiararsi discepoli di Cristo.

Padre Ambrogio

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